lunedì 20 aprile 2020

La Filiera al centro - Intervista a Imbottigliamento 19/03/2020


di Giuseppe Perretti

Ho letto con molta attenzione la notizia della nascita di una nuova associazione, “CERVISIA Associazione Nazionale Filiera Brassicola e Agroalimentare”, con un profilo particolarmente ampio e inclusivo nei confronti della birra, le sue diverse anime dalla produzione primaria fino alla valorizzazione del prodotto finito e un occhiolino alle altre filiere agroalimentari a dimostrazione dell’opportunità di fare sinergia per consentire il vero sviluppo di un settore interessante come quello birrario nazionale, di cui mi onoro di svolgerne un ruolo attivo. 
Ho conosciuto personalmente Francesca Borghi, suo Direttore e Presidente del Consiglio direttivo, in numerosi eventi, a dimostrazione della “presenza” ampia nel settore. Insieme abbiamo scambiato qualche opinione sui temi più importanti, ma da questi incontri ho avuto l’idea di intervistarla pubblicamente per mettere appunto in evidenza il suo punto di vista e dell’associazione che rappresenta. 

In particolare, Francesca, quali sono secondo lei i temi di maggiore interesse per offrire opportunità di sviluppo al settore birrario nazionale? 

Grazie innanzitutto per l’opportunità di questa intervista. I temi di maggiore interesse sui quali oggi il mondo brassicolo dovrebbe guardare per avere opportunità di sviluppo sono di due ordini. Il primo riguarda la sua vera e propria identità di settore, soprattutto nel mondo artigianale, e il secondo la sua evoluzione che vorrei definire ragionata nell’ottica di una vera crescita del comparto attraverso la filiera. Mi spiego meglio. Il settore birrario dovrebbe acquisire maggiore consapevolezza e sfruttare il posizionamento che si è conquistato negli ultimi anni attraverso una forte presa sui consumatori. Il comprato artigianale deve definire i suoi spazi e continuare a sperimentare. E’ necessario inquadrare la figura dell’imprenditore brassicolo artigiano perché da lì poi si andrà a definire meglio lo spazio di manovra e di confronto con l’industria. Abbiamo elaborato una proposta da sottoporre alle nostre istituzioni e avviato un dialogo costruttivo in tal senso. Seconda cosa l’importanza della filiera. Oggi abbiamo un’occasione unica che va sfruttata a livello nazionale che è il crescente interesse nei confronti delle materie prime e un settore quello dell’agricoltura che ci offre degli strumenti incredibili e la tecnologia per rivoluzionare la produzione. Vanno pianificati atti e vanno coinvolti più attori possibili, calibrando passo dopo passo lo sviluppo e le strategie da adottare. Solo in questo modo si arriverà a un quadro certo e si potranno comprendere i margini di crescita. Le imprese hanno la necessità di essere coinvolte accorciando il gap che le separa dai consumatori italiani e stranieri. 

A mio modesto parere, lo sviluppo sostenibile è e sarà sempre più campo in cui trovare valore aggiunto anche per la filiera birraria. Quale è il punto di vista della vostra associazione su questo tema? 

Il tema sostenibilità è sicuramente uno dei temi che va più di moda in questo momento che però non va né strumentalizzato né sottovalutato. Quando sento il termine "sostenibilità" in campo birrario, penso subito alle meravigliose e colorate lattine che oggi caratterizzano il mondo craft e che sono uno straordinario strumento di comunicazione. Ma a ben pensarci, la birra è sempre stata imbottigliata nel vetro e quindi da quel punto di vista forse bisogna fare qualche passo in più. E’ molto difficile oggi poter dire con chiarezza che chi produce birra lo stia facendo in maniera sostenibile e quindi ecologica perché la produzione di birra è un’attività che di per sé tende a sprecare tantissime materie prime, in particolare acqua. Per ogni gallone di birra prodotta è necessario utilizzare dai sei agli otto galloni di acqua. Sono numeri che un po' spiazzano se poi pensiamo anche che la tecnologia sui macchinari non ci aiuta, almeno per quanto riguarda le micro-imprese. Certo è possibile invece recuperare le trebbie che essendo ricche di proteine possono essere impiegate per i mangimi, per la produzione di integratori, nutrienti per funghi e fertilizzanti, il tutto nell’ottica della cosiddetta “economia circolare”. Sicuramente impostare tutta la produzione di birra a basso impatto ambientale comporterebbe una cospicua riduzione dei livelli di CO2 emessi con un notevole e gustoso beneficio per l’ambiente ma i costi oggi sono ancora troppo elevati e, a quanto sembra, i fondi che verranno stanziati saranno ancora troppo pochi per soddisfare le esigenze green. La ricerca di una sostenibilità a 360 gradi dovrebbe essere la strada da percorrere e forse questa strada potrebbe essere capace di garantire prodotti, progetti e processi a basso impatto lungo tutta la filiera produttiva e distributiva. Penso che anche l’educazione a un consumo consapevole e informato di birra possa servire molto al settore. In realtà credo che alla fine quando si parla di sostenibilità sia necessario ricondurre l’attenzione più ai comportamenti e ricordare la definizione che diede già nel 1987 la Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo indetta dalle Nazioni Unite affermando che lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere le possibilità delle generazioni future. Il punto focale è dunque la capacità di trovare il giusto equilibrio che consenta di continuare sulla strada del progresso, ma senza danneggiare irrimediabilmente l’ambiente dal quale la nostra stessa sopravvivenza dipende, anche nel mondo della birra. 

Ci sono altri temi per voi utili a favorire uno sviluppo della filiera birraria nazionale? 

Come sapete Cervisia sta già svolgendo attività a livello istituzionale ed è presente al tavolo tecnico nazionale di filiera sul luppolo presso il MIPAAF. A mio parere però è necessario e urgente che il confronto avvenga anche presso le Regioni e che si aprano in ciascuna di esse dei tavoli tecnici di filiera che siano integrati tra agricoltura e attività produttive perché il territorio ha una funzione fondamentale sia dal punto di vista delle materie prime sia perché la regione ha un ruolo chiave di aggregazione e sostegno alle imprese e possiede delle risorse che possono essere messe a fattore comune. Manca ad oggi un dialogo serio con gli operatori di settore e con le associazioni. Un secondo tema è senz’altro lo sviluppo del turismo brassicolo che stiamo affrontando da mesi e per il quale stiamo sviluppando un interessante progetto nel Lazio che avvicina la birra alla valorizzazione della via Francigena. Ultimo tema che mi sta a cuore è la divulgazione della cultura brassicola e di filiera nelle scuole anche a livello esperienziale. Partendo dalle materie e arrivano al consumo consapevole, alle proprietà nutrizionali e alla conoscenza della vera e propria professione del birraio e dell’impresa. 

Provocatoriamente le chiedo se le attività che avete previsto di svolgere tramite questa associazione non siano già svolte da altre associazioni… 

Direi che Cervisia nasce invece per il motivo contrario. Abbiamo intercettato dei bisogni che ancora non erano stati soddisfatti e abbiamo voluto offrire un taglio estremamente “professionalizzante” alla nostra struttura partendo già dalla nostra organizzazione interna. Ci siamo strutturati con Aree ben definite da subito con altrettanti responsabili e collaboratori professionisti. Io per prima vengo da una lunghissima esperienza di associazione di categoria, conosco le dinamiche che richiede un’associazione che tutela le imprese e soprattutto non sono un birraio, non sono un maltatore, non sono un agricoltore, non sono un titolare di pub e quindi riesco sempre a tenere la giusta distanza dalle tematiche e dalla problematiche di settore affrontandole da un punto di vista esclusivamente professionale. Siamo la prima Associazione del comparto che ha voluto chiaramente esprimere la propria indentità e il proprio posizionamento attraverso il concetto di filiera brassicola e agroalimentare, focalizzando l’attenzione anche sui produttori delle materie prime (orzo e luppolo) e a coloro che nell’agroalimentare producono molti dei prodotti caratterizzanti le birre a livello territoriale. E devo ammettere che sono estremamente felice che dopo la nostra apparizione sulla scena anche altri soggetti abbiano sdoganato il concetto di filiera e che stiano focalizzando la propria attenzione sul tema. Cervisia ha compiuto un anno di vita lo scorso febbraio e quindi l’attenzione anche di altri sulla filiera per noi è un primo e importante risultato, che poi è anche uno dei nostri obiettivi essere da collante e da traino per tutte le altre associazioni che operano nel settore. Credo che la collaborazione sia di fondamentale importanza e mi auguro che non vi sia frammentarietà almeno per quanto riguarda gli interessi comuni al settore. Stiamo lavorando per questo. Per quanto concerne i servizi che vogliamo dare ai nostri associati sono di diversa natura ma soprattutto stiamo cercando di focalizzare la nostra attenzione sugli incentivi economici alle imprese, sulla formazione professionale ad ampio raggio, sull’assistenza legale-sindacale e sulle strategie di comunicazione. Stiamo monitorando il mercato con particolare attenzione ai consumatori. Vi svelo in anteprima la nascita di una nuova area all’interno di Cervisia dedicata agli Homebrewers e ai Beertasters che guarda non solo alla parte ludica ma soprattutto alla professionalizzazione di quei soggetti che a volte si dimostrano essere dei veri e propri talenti e che sarebbe un peccato disperdere. Vi posso dire che il progetto si chiama “La Filiera in Casa” e che vedrà nascere una nuova community a livello nazionale ma non posso svelarvi di più per ora. 

Come ho già detto in premessa, ho notato un approccio “inclusivo” nelle altre interviste che ha già rilasciato in questi mesi e su alcuni vostri comunicati stampa. Mi può confermare eventualmente questa mia impressione? 

Un’associazione è di per sé inclusiva solo per il fatto di rappresentare l’insieme di attori e di imprese di filiera. Il settore ha necessità di comprendere che seppur nella sua complessità e diversità ha necessità di camminare unito e avere grandi ambizioni per ottenere risultati comuni. Siamo un’Associazione quindi, già per definizione, siamo aperti e innovativi, i nostri associati devono essere certi che le battaglie che ci aspettano hanno un valore complessivo e che, se combattute con le armi giuste, non possono che far bene all’intero comparto. Certo, come dicevo sopra, ci sono identità che devono essere mantenute e l’artigianalità non potrà mai andare allo stesso passo rispetto all’industria ma non per questo il settore della birra italiana deve essere per forza in contraddizione. Questo è anche il nostro compito a livello istituzionale e sociale ovvero quello di tutelare le imprese che oggi sono ancora un passo indietro e mettere in comune le loro singole esperienze. Insomma, abbiamo una filiera da costruire, con coerenza. 

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